3 Ottobre 2024, 13:23
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L’intelligenza artificiale è il terzo occhio dell’endoscopista

di Annarita Cacciamani
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Massimo Cianci, responsabile di endoscopia digestiva della casa di cura Pierangeli di Pescara, racconta le possibilità che le nuove applicazioni dell’intelligenza artificiale offrono al medico endoscopista.

Il Dott. Massimo Cianci condivide la sua esperienza nel campo dell’endoscopia digestiva, raccontando come è nato il suo interesse per questa disciplina e quali sono le sfide principali che affronta nel suo lavoro quotidiano. Esplora anche l’impatto dell’innovazione tecnologica nel migliorare le diagnosi e i trattamenti delle patologie gastroenterologiche, e sottolinea l’importanza del suo team altamente specializzato per garantire procedure sicure ed efficaci.

Come nasce il suo interesse per l’endoscopia digestiva?

L’interesse e l’avvicinamento alla pratica dell’endoscopia digestiva nascono dalla frequentazione, negli ultimi anni universitari, del reparto di gastroenterologia con un particolare interesse all’epatologia e, soprattutto, alle patologie infettive e oncologiche del tratto gastrointestinale. Ho frequentato anche l’Istituto di anatomia patologica dove ho sviluppato e realizzato la tesi sperimentale di laurea riguardante gli aspetti citopatologici dell’epatocarcinoma primitivo. Frequentando gli ambulatori di gastroenterologia, fui progressivamente attratto dall’endoscopia digestiva. Erano gli ultimi anni della endoscopia digestiva a fibre ottiche. L’osservazione avveniva attraverso un oculare, come in un microscopio. L’acquisizione di nozioni di tecnica esecutiva e la visualizzazione di quadri macroscopici endoscopici risultavano particolarmente complesse per gli studenti e gli specializzandi. Lo sviluppo e la commercializzazione della videoendoscopia (apparecchiatura endoscopica con visualizzazione su monitor e non più su oculare) cambiò radicalmente lo svolgimento delle procedure ed il percorso di apprendimento dell’endoscopista in formazione. 

Quali sono gli aspetti maggiormente critici nell’esecuzione di una colonscopia?

Possiamo schematizzare gli aspetti critici di una colonscopia in 3 principali aspetti:

  • Raggiungimento del cieco. È l’obiettivo principale di ogni colonscopia. Il raggiungimento del cieco è un requisito diagnostico basilare per potere offrire un panorama osservazionale completo di tutta la superficie colica. Nei decenni passati si pensava che, nei programmi di prevenzione del cancro del colon, fosse sufficiente l’esplorazione del colon sinistro derivante dall’evidenza epidemiologica che il cancro colico si sviluppi più frequentemente nel colon sinistro (retto-sigma-discendente). Ma studi epidemiologici successivi hanno evidenziato il dato non trascurabile di incidenza di neoplasie maligne anche nel colon destro, indicando la necessità di arrivare sempre fino al cieco nella esecuzione di una colonscopia, qualora l’obiettivo sia quello della sorveglianza del cancro colorettale. Nonostante il miglioramento meccanico del colonscopio, ancora ad oggi la progressione fino al cieco non è un obiettivo assicurabile nel 100% delle procedure.
  • Incompleta visualizzazione della mucosa colica.  Anche nelle migliori condizioni di pulizia intestinale, con un colon ben disteso e con un tempo sufficientemente lungo (almeno superiore agli 8 minuti) di retrazione strumentale, vi possono essere aree di insufficiente visualizzazione (per esempio la superficie prossimale delle valvole interaustrali, eccessiva angolazione e tortuosità viscerale, ipodistensibilità viscerale) che possono ridurre, anche significativamente, l’esplorazione della mucosa colica con possibilità di non diagnosticare patologie di superficie.
  • Toilette di pulizia colica. Questo è un ulteriore fattore critico al quale concorrono le abitudini alvine del paziente e la mancata aderenza alle modalità di assunzione ed al tipo di prodotto di pulizia intestinale. Altro fattore condizionante il risultato di pulizia intestinale è anche la dieta alimentare effettuata nei giorni precedenti la colonscopia che deve essere povera se non priva di fibre vegetali.  È utile ricordare che una scarsa toilette intestinale può rappresentare un aggiuntivo ed ulteriore fattore di parziale visualizzazione della mucosa che può tradursi in una riduzione della identificazione diagnostica delle alterazioni della superficie mucosa.
3D male medical figure with colon highlighted

Photo: Freepik / Kjpargeter

Quali applicazioni può avere l’intelligenza artificiale nell’endoscopia digestiva?

L’Intelligenza Artificiale (AI) nel nostro caso è un software applicato ad un computer, collegato alla colonna endoscopica e con un archivio esteso di migliaia di immagini di polipi, addestrato a riconoscere, individuare ed analizzare i polipi sulla superficie della mucosa colica. Con il suo utilizzo è possibile aumentare la possibilità di evidenziare lesioni polipoidi della mucosa colica (ADR: Adenoma Detection Rate) e di ridurre, in maniera altrettanto significativa, la possibilità che lesioni possano sfuggire all’osservazione colonscopica (AMR: Adenoma Miss Rate). La combinazione statisticamente significativa di miglioramento del ADR e riduzione del AMR rende l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale utile, se non indispensabile, nella corretta ed efficace attuazione dei programmi di screening e sorveglianza del cancro colorettale. Inoltre, altrettanto interessanti appaiono le possibilità di estendere l’applicazione di moduli di AI nella esecuzione delle gastroscopie o anche nella localizzazione topografica delle lesioni nel colon, aspetto tecnico e diagnostico altrettanto critico della colonscopia di qualità.

In definitiva, penso che l’Intelligenza Artificiale sia, ad oggi, il terzo occhio dell’endoscopista che, senza stress visivo e senza stanchezza, coopera, in maniera costante ed efficace, al risultato diagnostico della colonscopia.

Come è formato il suo team di lavoro?

Il gruppo di lavoro è composto da personale infermieristico che vanta un’esperienza ventennale di lavoro nelle sale endoscopiche. Alcune di loro hanno conseguito un master universitario specifico all’Università Alma Mater di Bologna. L’attuale ruolo degli infermieri e delle infermiere non è subalterno all’endoscopista ma è indirizzato alla sorveglianza clinica del paziente, alla cooperazione nelle manovre tecniche di avanzamento endoscopico tanto più evidenti nell’ esecuzione di un esame tecnicamente complesso quale è la colonscopia. L’infermiere di sala endoscopica si occupa inoltre della gestione assistenziale e clinica della fase pre, intra e post-procedurale. Quindi un compito gravoso e impegnativo che necessita di coordinazione nello svolgimento del lavoro nella routine quotidiana. Il gruppo dei medici endoscopisti del mio gruppo di lavoro vanta un’esperienza ultraventennale in endoscopia digestiva ed è capace di affrontare le manovre diagnostiche e terapeutiche e gestire eventuali complicanze e/o urgenze. 

Quale contributo ha dato e può dare in futuro la tecnologia nella diagnosi e nel trattamento di patologie gastroenterologiche?

Diversi e accreditati studi scientifici hanno affermato come l’AI aumenta la percentuale di polipi diagnosticati in maniera significativa così come riduce la possibilità di lesioni tumorali non viste migliorando, in maniera significativa, la qualità della colonscopia. Oggi la sala endoscopica è un concentrato di tecnologie moderne e complesse e ancor più necessita di personale medico ed infermieristico adeguatamente formato per poter affrontare e realizzare procedure endoscopiche con efficacia e sicurezza. In definitiva, possiamo affermare che un “buon endoscopista” deve avere buone mani, buoni occhi, ma non può esserci un “buon endoscopista” senza una buona (ed adeguata) tecnologia.           

Annarita Cacciamani

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