16 Gennaio 2025, 10:21
16 Gennaio 2025, 10:21
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Danilo Toni: «La gestione del paziente nella fase acuta è la missione delle Stroke Unit»

di Riccardo Pallotta
Prevenzione, innovazione e cura: Danilo Toni ci racconta le sfide e i progressi nella lotta contro l’ictus a margine del convegno “Ottimizzare la gestione del paziente con spasticità post ictus”.

Danilo Toni, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università La Sapienza di Roma, ha dedicato la sua carriera alla ricerca e alla pratica clinica nel campo delle malattie cerebrovascolari, con particolare attenzione alla prevenzione e al trattamento dell’ictus. Membro di importanti associazioni internazionali, tra cui l’Italian Stroke Association e l’European Stroke Organization, ha all’attivo oltre 300 pubblicazioni scientifiche che testimoniano il suo contributo al progresso della Neurologia. La sua carriera professionale lo ha portato a ricoprire ruoli di crescente responsabilità, fino alla direzione dell’Unità di Trattamento Neurovascolare presso il Policlinico Umberto I di Roma. Lo abbiamo intervistato al convegno svoltosi a Roma il 25 novembre scorso dal titolo “Ottimizzare la gestione del paziente con spasticità post ictus”.

Cosa l’ha spinta verso lo studio delle neuroscienze?

La passione per il sistema nervoso e per il cervello è nata durante l’esame di anatomia, si è consolidata con quello di fisiologia ed è stata definitivamente confermata dallo studio della neurologia. Sono rimasto affascinato dalla complessità della struttura cerebrale, ma ancor di più dalla funzionalità, che supera di gran lunga quella che la sola anatomia può descrivere. Arrivato alla fine del percorso universitario, mi sono trovato di fronte a una scelta: psichiatria o neurologia? Ho scelto quest’ultima, che vedevo come una disciplina più pragmatica e organica, e non me ne sono mai pentito.

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Photo: Corelens / Matteo Badini

Come le “Stroke Unit” possono intervenire, già nella presa in carico del paziente in fase acuta, nella definizione di un percorso che segua il paziente anche nella fase post-acuta?

La gestione del paziente nella fase acuta è la missione fondamentale delle Stroke Unit. Il percorso inizia al pronto soccorso, dove si effettuano i trattamenti d’emergenza, per poi proseguire con il ricovero nell’Unità Ictus, che rappresenta il principale strumento terapeutico, anche più delle singole terapie di rivascolarizzazione. Tuttavia, il percorso non si conclude con il ricovero. Dopo la dimissione, i pazienti possono tornare a casa, se sono stati più fortunati, o accedere a strutture riabilitative per poi essere dimessi definitivamente. È qui che entra in gioco il follow-up: offriamo strutture ambulatoriali per rivedere periodicamente i pazienti, valutare l’appropriatezza e l’adeguamento delle terapie di prevenzione secondaria, e monitorare l’insorgenza di complicanze a medio-lungo termine, come la depressione, i deficit cognitivi o la spasticità.

Quali innovazioni emergenti prevede per il trattamento dell’ictus nei prossimi anni?

In ambito ischemico, ci sono molte novità in arrivo, soprattutto per quanto riguarda le terapie di rivascolarizzazione. Nuovi device e strumenti consentono di intervenire anche sui rami arteriosi più distali del cervello, aumentando l’efficacia dei trattamenti. Per quanto riguarda l’ictus emorragico, invece, stanno emergendo tecniche di chirurgia mininvasiva che promettono importanti progressi. Ci sono anche nuove speranze sul fronte farmacologico, con lo sviluppo di farmaci e combinazioni terapeutiche sempre più mirate. Tuttavia, un campo ancora poco esplorato ma cruciale è quello della neuro protezione: strategie che contrastino i danni secondari causati dall’occlusione o dalla rottura di un’arteria. Su questo fronte, purtroppo, non abbiamo ancora terapie concrete, ma la ricerca sta lavorando intensamente per colmare questa lacuna.

Esiste un metodo di prevenzione per questa patologia?

La prevenzione è la prima terapia contro l’ictus. Le misure di prevenzione primaria si concentrano sul controllo dei fattori di rischio modificabili, come ipertensione, diabete, colesterolo alto, fumo, abuso di alcol, sedentarietà e obesità. Anche le cardiopatie possono aumentare il rischio di ictus ischemico o emorragico. Intervenire su questi aspetti riduce in maniera significativa l’incidenza della malattia, dimostrando che la prevenzione è un’arma fondamentale nella lotta contro questa patologia.

 

Riccardo Pallotta

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